E' veramente incredibile quanta strada si possa fare nell'arco di 12 mesi quando talento, impegno e duro lavoro creano una miscela esplosiva. Queste la mia impressione ogni volta che mi rapporto con il lavoro ( e la persona) di Caterina Moro. Affacciatasi alla Roma Fashion Week lo scorso anno durante Showcase, una partecipazione alla LFW, una sfilata alla Riga Fashion Week, patecipe del debutto del format Rome is My Runway lo scorso luglio, finalmente nell'edizione di gennaio 2020 ha avuto uno slot in calendario tutto suo.
Ho avuto la fortuna di poter scambiare qualche parola con la designer qualche ora oprima della sfilata A/I '20 'Wood', seduti al bar dell'Ex Caserma Guido Reni, mentre aspettava di avere accesso al backstage con la collezione e al telefono con i suoi collaboratori sguinzagliati in giro per Roma alla ricerca, dell'ultimo minuto, di due paia di scarpe. Ho avuto il privilegio di vedere in anteprima il lookbook e farmi spiegare da lei stessa il mood della collezione e alcuni dettagli tecnici.
Il tocco demi-couture di Caterina Moro continua ad informare anche la collezione del prossimo inverno, ispirata ai colori e alla texture del bosco e delle foglie. L'attenzione al dettaglio - come vi spieghero' - non e' mai fine a se stessa o leziosa, ma indice di creativita' accoppiata con un'altissima abilita' tecnica. Il plisse', la maglieria impalpabile e soffice come una nuvola, la pelle, il velluto, il raso e la seta evocano le suggestioni dell'autunno. Le stampe e i cut out foglia, le frange di legno tagliate al laser e una palette di colori caldi su cui spicca il pervinca.
Questa collezione che bilancia con estrema maestria cretivita' e aspetto commerciale e' resa ancor piu' di valore dal processo e dallo sforzo produttivo che si cela dietro il bagliore delle passerelle. Infatti i tessuti a stampe fanno parte del protocollo Wastemark - residui di produzione destinati al macero -, le tinte sono bio ed il legno ecosostenibile lavorato al laser. Una collezione in parte prodotta a ciclo chiuso, senza scarti e rifuti di produzione. Una sostenibilita' vera e non un mero esercizio di facciata.
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